«Imbruniva rapidamente. Un leggero rosso di sera che per un po’ aveva animato il cielo uniformemente coperto era già impallidito, e nella natura regnava quello stato di transizione scialbo, esanime, triste, che precede l’immediato calare della notte». In questa dispensa del corso di Filosofia teoretica dell’a.a. 2016-2017, Paolo Spinicci parte dalla descrizione del cielo che segna l’arrivo di Hans Castorp al sanatorio di Davos per sviluppare un’indagine filosofica sulle proprietà espressive.

Il mondo ci appare così: non abbiamo semplicemente esperienza delle cose così come sono e degli eventi che accadono nella loro obiettiva fattualità, ma siamo fin da principio immersi in un mondo che ci sembra rispondere ai nostri bisogni espressivi. Quando sta per sopraggiungere un temporale il cielo ci sembra cupo e minaccioso e quando il vento fischia tra le case e tra gli alberi ci stringiamo tra le spalle come se udissimo un lamento indecifrabile: è così che percepiamo queste cose e da un punto di vista descrittivo è difficile negare non soltanto l’immediatezza di simili esperienze, ma anche la loro piega obiettiva. È là, nelle cose e negli eventi cui assistiamo, che ci sembra di trovare una molteplicità di manifestazioni espressive che non dobbiamo fare altro che constatare.

Attraverso un’esposizione e una critica sia delle teorie soggettivistiche, sia degli approcci oggettivistici, queste lezioni giungono a proporre una via differente, caratterizzata dal prendere sul serio la tesi secondo la quale – per tornare al nostro esempio – ad essere malinconico non è il sole al tramonto, ma lo spettacolo del tramonto del sole, il suo manifestarsi allo sguardo di uno spettatore.

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