Ma l’ordine non è compiuto comunque. Non nell’Etica. Non dopo il lavoro assiduo di quindici anni. Tra una proposizione e l’altra c’è sempre la possibilità di trovare una connessione e un ordine più adeguato, di trasformare una proposizione in assioma, di ridurre il numero degli scolii o di cogliere una passione che non avevamo la forza di comprendere, e trovare così la libertà di pensarla. E solo capendo si può scoprire l’incompiutezza delle nostre idee e desiderare di pensarle ancora e più precisamente. L’Etica non è il sistema compiuto della Verità, pretendere che lo sia è contraddire la norma che la sostiene e che la rende oggi viva nel suo senso. Una costruzione razionale finita non potrà mai comprendere l’infinità delle determinazioni particolari: tentarne una deduzione totale è profondamente irrazionale. Equivale a dare al termine “razionale” un significato scisso dalla complessità inesauribile in cui il reale consiste. Mentre il gesto insopprimibile del nostro intellectus che continuamente insiste nella Libertà e Necessità di voler pensare adeguatamente è l’unico debitus ordo che vorremo poter assumere, non finito, non chiuso, ma Vero. L’alia veritatis norma che ancora oggi ci mostra l’Etica è questo conatus. E la concretezza e il rigore che le compete e che richiede.

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