Nella prefazione alla prima edizione del Mondo come volontà e rappresentazione Schopenhauer rivolge al lettore tre raccomandazioni che sono quasi tre veri e propri ammonimenti.

La prima è quella di leggere il libro due volte, ed essa non viene proposta in termini generici quasi una sorta di ovvietà – almeno due volte, avrebbe forse potuto dire! – ma con particolare attinenza alla natura ed alla struttura del libro.

Esso, dice Schopenhauer, deriva da un unico pensiero fondamentale, non comunica propriamente null’altro che quell’unico pensiero che in realtà è esplicitamente formulato nel titolo: il mondo è, ad un tempo, volontà e rappresentazione: e proprio per questo motivo non è costruito come un sistema di pensieri (System von Gedanken) che richiederebbe in via di principio la forma dunque di un edificio che ha le proprie fondamenta a partire dalle quali esso viene innalzato. In una simile forma architettonica vi è un primo anello, le fondamenta, ed un ultimo anello, la sommità: le fondamenta sostengono tutto e la sommità non sostiene nulla, mentre ciò che è compreso tra le fondamenta e la sommità sono anelli intermedi ognuno dei quali sostiene ed è ad un tempo sostenuto. Non è affatto improbabile che facendo riferimento ad una simile struttura architettonica Schopenhauer pensi, e con una certa inclinazione critica, a Kant, di cui talora rammenta non favorevolmente come una caratteristica negativa della sua dottrina, l’eccessiva passione per l’elemento sistematico-costruttivo, ed in particolare per la simmetrie che inducono Kant a cercare corrispondenze concettuali là dove non ve ne sono oppure a realizzare partizioni e suddivisioni artificiose all’interno della propria esposizione. Di fronte a ciò si fa valere invece un modo di proporre la problematica filosofica che può suggerire piuttosto l’immagine di una sfera che ha il suo centro in quell’unico pensiero fondamentale – tutti i punti della superficie della sfera riconducono a questo centro, cosicché in quell’immagine vi è l’idea di una forte unità, di una forte coesione, ma anche, nello stesso, quella della differenza e della varietà dei punti, del loro divergere l’uno dall’altro come divergono i raggi che promanano da questo centro. In particolare, una sfera non ha né un inizio né una fine, mentre un libro, lamenta Schopenhauer, deve avere una riga iniziale ed una finale, ed in ciò non somiglia affatto ad un organismo, nel quale ciascuna parte deve reggere il tutto ed anche essere retta dal tutto “sicché anche la sua più piccola parte non può appieno comprendersi se già non è stato in precedenza compreso il pensiero nel suo insieme”.

Di questa sfericità, che forse manderebbe in visibilio i più o meno recenti fautori dell’ermeneutica, si viene semplicemente a capo – suggerisce saggiamente Schopenhauer – leggendo il libro due volte.

Kant è oggetto di un’altra raccomandazione: la conoscenza dei “principali scritti di Kant” è indicata da Schopenhauer come un presupposto importante per la comprensione della propria dottrina. Si suggerisce così di dare lettura dell’Appendice critica sulla filosofia kantiana prima di affrontare la lettura del testo come una sorta di introduzione ad esso, in modo da aver chiarito in via preliminare in che rapporto si trovi la problematica kantiana con la posizione elaborata nel testo, sia nei suoi aspetti ritenuti positivi sia in quelli che Schopenhauer ritiene debbano essere respinti.

Ma non meno peso viene dato alla conoscenza delle altre due brevi opere che precedono il Mondo come volontà e rappresentazione, e precisamente La quadruplice radice del principio di ragione sufficiente e lo scritto Sulla vista e i colori. La loro lettura rappresenta una sorta di condizione per una buona comprensione dell’opera maggiore.

Noi aggiungeremmo: la Quadruplice radice rappresenta, in particolare, una sorta di porta di accesso proprio al pensiero fondamentale che sta al centro di quella sfera. I nostri commenti a Schopenhauer prendono le mosse di qui, e precisa- 7 mente dalla prima edizione dell’opera, alla quale vanno tutte le nostre preferenze.

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