Pochi mesi fa, nel nostro Paese, era accesissima la discussione attorno all’approvazione di un’importante riforma costituzionale – approvazione che è stata respinta dall’esito del referendum dello scorso 4 dicembre.

Da studente di filosofia, mi sono sentito provocato sul tema della riformabilità a cui sono aperte le costituzioni scritte dei moderni Stati democratici, tra le quali è inclusa la Costituzione della Repubblica Italiana. La domanda principale è: ha senso pensare che uno Stato debba mutare i propri assetti, se a suo tempo è stato costituito secondo criteri di giustizia?

Il mio intervento partirà dall’assunto che tale riformabilità si basi su uno stretto rapporto tra principî normativo-astratti e condizioni storico-concrete da cui sorgono tali Stati. Per affrontare il tema, si farà riferimento tanto all’articolo Storia e costituzione (1996) del presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky, quanto alla riflessione di alcuni filosofi antichi, tra cui spicca il nome di Cicerone. Il percorso esplorerà anche alcuni usi degli strumenti storici nel giustificare, comprendere e criticare gli assetti costituzionali.

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